MILLENNIUM BUG

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Lungo quei 42 chilometri e 195 metri si nasce e si muore, si odia e si ama, si spera e si dispera, si piange e si ride. Certe volte mi domando cosa mi tenga in vita. È la maratona. È l’averla corsa che non mi fa mai chinare il capo. Sono nel fango, cado, mi rialzo e cado. Ma ogni volta che mi rimetto in piedi, per poi subito dopo ricadere” (L.C)

In pochi giorni mi sono ritrovata di fronte a due uomini con storie straordinarie, uniti nella malattia comune della SLA.
Ho incontrato il vissuto di Luca Coscioni, morto nel 2006, attraverso lo spettacolo – nuova produzione della compagnia Indigena Teatro e interpretato da Galliano Mariani -  MILLENNIUM BUG e mi sono imbattuta per caso facendo zapping su Sanremo (ahimè) e li ho vissuto Ezio Bosso (per fortuna).
«Anni fa mi sono ammalato ed è come se fossi morto. Il Deserto è entrato dentro di me, il mio cuore si è fatto sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito. Ora, solo ora, comincio a capire che questo non è vero. La mia avventura continua, in forme diverse» (L.C)

Quello che ha unito, unisce, questi due uomini è la malattia degenerativa che colpisce la muscolatura volontaria di tutto il corpo, fino a provocarne una irrimediabile immobilità e portando lentamente alla morte. Luca Coscioni nonostante le difficoltà non ha mai smesso di lottare, di battersi per la ricerca, ed è conosciuto anche con l’appellativo di “Maratoneta” ed è proprio su di un tapirulan che si svolge gran parte dello spettacolo.
Indigena Teatro ha scelto di portare in scena un tema delicato e ancora poco trattato, quello della ricerca in campo medico e i numerosi limiti che questa subisce ancora per le rigidità e i moralismi, in primis, della Chiesa.
Indigena Teatro sceglie di far raccontare il vissuto di Coscioni in un monologo, in modo analitico, quasi schematico. Ordinato e disciplinato nell’esposizione dei fatti, nella cause, nelle leggi, negli episodi verificatisi. Un  alter ego proeittato su di uno schermo affianca il protagonista nei suoi monologhi ora diretti al pubblico, ora di spalle, ora bisbigliati, in un continuo spalleggiarsi e contrapporsi. E poi, la corsa, quasi costante fino allo sfinimento.
Quello che ne esce è un attenta lettura del caso, quasi scrupolosa ma priva...di patos. In una storia come quella di Coscioni credo sarebbe stato utile entrare anche nell’ambito esperienziale ed emozionale di come abbia vissuto la malattia. E’ vero che le sue battaglie, il non arrendersi ci fa capire che è stato un condottiero, un guerriero e che non ha mai rinunciato a lottare; quello che trovo mancare però in questo lavoro, tragicamente pulito e perfetto, è quella insana sbavatura umana che soprattutto in casi come questi tende a risalire il fondo a farsi per prima portavoce di una realtà ingiusta , capace di colpire qualsiasi essere umano.

All’inizio ho menzionato Ezio Bosso, l’ho fatto perché nel momento in cui l’ho visto (non sapevo nemmeno chi fosse e quale fosse la su storia) mi sono immedesimata in lui, o almeno ci ho provato, l’ho ammirato, l’ho ascoltato e mi sono commossa. L’arte di rinascere, di non arrendersi alla malattia ma di vedere la malattia come un opportunità di vivere la vita e la musica in un modo completamente diverso. Quando ho visto lo spettacolo questa cosa non mi è successa. Non ho provato empatia, forse è giusto cosi, non è detto che in teatro si debbano ritrovare le emozioni "vere", ma sono convinta che il teatro possa, al di là dell'informare, dell'istruire, anche permettere allo spettatore di fare "un piccolo viaggio" esperenziale, nei meandri di vite non vissute ma che in qualche modo è un pò come se ci appartenessero.
Ecco che il lavoro di Indigena Teatro appare con molto potenziale ma c’è qualcosa che manca, qualcosa di fondamentale, a mio avviso, manca di cuore, manca di emozione.
La storia di Coscioni, di Bosso e come loro di tanti altri malati di SLA dovrebbe essere conosciuta e divulgata a tutti, Millennium Bug è riuscito solo a metà, a mio avviso, nell’intento. Ha scelto di rimanere più distaccato e nonostante l'assordante multitudine di dati, date, e leggi che vengono lanciati al pubblico, io quella sera ne sono uscita un po’ satura ma almeno con una curiosità, quella di conoscere più da vicino la vita di Luca Coscioni. 
Per chi, come me, ha viaggiato nell’ignoranza fino all’altro giorno ecco il sito dove poterlo “incontrare” www.lucacoscioni.it e vi lascio anche il link in cui ascoltare le musiche bellissime di Ezio Bosso.

L’uomo ha una miriade di possibilità di vivere la propria vita, sono queste persone che ci insegnano che va vissuta al massimo, nelle nostre potenzialità. 

"Noi uomini tendiamo a dare per scontato le cose belle"

Visto al Ridotto del Teatro Verdi di Padova per la rassegna OFFicina il 6 Febbraio 2016 ore 18.30

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