OPERAPRIMA FESTIVAL - Un ritorno alle origini
Arrivo a Rovigo nella prima giornata del Festival OPERAPRIMA, giovedi
13 settembre, dopo un buco spazio temporale di quasi 10 anni. Un Festival che ritorna a farsi vivo e pulsante, e fa vivere tutta la città, grazie alla volontà e la tenacia del Teatro del Lemming.
Il primo impatto è super positivo, attracco in piazza
Vittorio Veneto e aspetto l’inizio dello spettacolo dei STALKER TEATRO di
Torino.
Il lavoro è in realtà un gioco a dimensioni umane, una
performance installativa. Dove lo spettatore è chiamato a partecipare
attivamente alla composizione della scena.
Si chiama Steli
Reaction e gli attori ci invitano a prendere parte a questa colorata e
alquanto bizzarra costruzione, ogni puntello va bene per creare nuovi varchi,
nuove soluzioni dando vita ad un vero happening, un evento unico e ogni volta
irripetibile che si modifica a seconda del luogo che lo ospita e dall’ingegno
delle persone che lo compongono. Un gioco collettivo, un rito comunitario che
ci porta in una dimensione di festa, condivisone e leggerezza.
Giusto il tempo di un gelato e un caffè e mi dirigo verso la
storica sede del Teatro Studio dei Lemming. Mi accingo a vedere il lavoro di
questa nuova compagnia di Milano DOMESTICALCHIMIA e il loro spettacolo Una classica storia d’amore eterosessuale.
Veniamo muniti tutti di una busta con suscritto “aprire solo
al segnale”, ci sediamo in platea e attendiamo.
Gli attori sbucano come “funghi” dalla stessa platea, camufatti
a puntino tra gli “anonimi” spettatori. Da subito vendiamo catapultati nel
racconto di questa classica storia d’amore che ci viene delineata dagli occhi
arguti del figlio.
Iniziamo cosi a scoprire questa famiglia, il rapporto tra
marito e moglie, il figlio che appare come un “cuscinetto” armonizzatore tra i
due amanti/litiganti, una storia che si snoda attraverso flashback, in un
continuo esplorare il passato e ritornare nel presente, e nell’andirivieni
costante, iniziamo a capire e comprendere l’evoluzione di questo rapporto.
Lo spettacolo parte da una constatazione - forse comune - ma
che spesso non consideriamo, al di là di essere padre o madre (e questo di
solito è un ruolo che scegliamo..) l’essere figlio non è mai scelto. Nasciamo
che siamo figli e tutti sperimentiamo questa condizione, forse l’unica che ci
accomuna con tutti gli esseri, quanto contano le nostre origini? Quanto
possiamo comprendere di noi attraversi i nostri gentiori e la loro storia?
Riusciamo davvero a vederli non solo come “semplici” genitori ma come persone a
se stanti lontani dal ruolo che gli abbiamo cucito addosso?
Un lavoro fresco, che con ironia, semplicità a arguzia tocca
dei temi importanti e non banali.
Schizzo fuori dal teatro (quando si dice avere le ali sotto i piedi, dai 70’ minuti
previsti ne è durato quasi 100) per proseguire e concludere la serata con lo
spettacolo dei LENZ Fondazione e il suo Faust
memories. Arrivo trafelata all’ex Chiesetta di San Michele a pochi passi
dalla zona pedonale della città.
Il luogo ben si presta all’esecuzione di Sandra Soncini
vestita da una "nuvola" libri e tessuto in un abito che fa da scenografia e incute un po di timore
e tanta bellezza che vive da solo.
La scena composta da pochissimi elementi chiave che snodano il monogolo a tappe, in cui l’energia della Soncini è inesauribile nel suo geometrico percorso (ogni stazione è scandita dall’incontro con i singoli oggetti), tra gestualità, movenze e parole il tutto appare un unico e alterato linguaggio corporeo, in cui la parola risuona e viene amplificata in questa ricerca costante per trovare la risposta alla domanda fondamentale: “Che cosa è l’uomo?”.
L'atmosfera creatasi nella chiesetta è parte integrante della percezione della scena e nell'ascolto quasi ipnotico del monogolo, che si fa prettamente corpo, in cui l'attrice dona tutta se stessa.
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