NETTLES. Un viaggio sospeso tra infanzia e morte


Mi piacciono gli spettacoli che lasciano pezzi di se, concreti ed emotivi.
Mi piacciono i lavori estranianti, quelli irrequieti, quelli poetici.
Per un teatro di residui.

Dopo tre anni ritrovo a B.Motion la compagnia Trickster P e il loro percorso in solitaria, questa volta nei meandri di NITTLES: Una storia di infanzia e di morte.

Nettles è l’ascolto di un io che si fa carico di rivelare i propri pensieri, e che lascia che schegge autobiografiche e momenti di grande intimità irrompano nella crudezza dei temi e nell’inevitabile radicalità del confronto con la fine. Se la vulnerabilità dell’essere umano si manifesta nel doppio piano della fragilità del corpo e della vita onirica e misteriosa del nostro io più profondo, la primordialità dell’infanzia si concretizza nella ferocia dei ricordi e nelle ossessioni della memoria.
Immerso in un’ambientazione sonora e visiva che amplifica ed espande i livelli di lettura, il viaggio fra le stanze è un percorso fisico che è metafora di un movimento intimo e mentale, oltre che di un’esperienza profondamente emotiva e umanamente coinvolgente.

Mi preparo. Mi sudano un po le mani. Lascio tutto all'entrata, zaino, cellulare. 
Indosso le cuffie ed entro nel buio. Una luce al di la della tenda mi invita ad andare nella prossima stanza, nel prossimo spazio. Divento spettatrice e attrice nello stesso momento, abito lo spazio vuoto, fatto di oggetti, memorie, rumori, parole. Ascolto.
La voce mi guida in questo percorso emotivo ed evocativo.
Le luci giocano un pochino con la mia sensibilità, mi sembra di profanare questi piccoli luoghi, come se stessi entrando nella vita di qualcun'altro senza chiedere il permesso. Inizialmente mi metto in disparte dentro la stanza e osservo, ho sempre l'impressione che sopraggiunga qualcuno che mi inviti ad andarmene, come se fosse per me proibito stare li. Mi sento sospesa, un pochino intrusa. Cerco di fare meno rumore possibile come se avessi paura di svegliare qualcuno.
Poi nella solitudine di questo percorso mi sento libera, come se fossi dentro il mio vissuto, qualcosa di familiare.
Piango.
Le lacrime mi rigano le guance.
Possibile? La voce sta parlando di me, delle mia paure, delle mie sensazioni, dei miei ricordi.
Mi interrogo su quanto quello che ho vissuto e che vivo sia fatto di questi ricordi silenziosi che aleggiano - anche se non ce ne rendiamo mai perfettamente conto - dentro di me; immagini impresse nella memoria, oggetti che raccontano la vita che ho e quella di chi l'attraversa con me.

La morte arriva e, forse, la vita è una costante prova generale per prepararci ad essa; il cuore semplicemente smette di battere, il sangue non sale più verso l’alto ma scende verso il basso, in quella cavità dove tutto ha avuto origine, come se fosse parte di un rituale stabilito.
Se la vita fosse un lungo sogno e la morte fosse il risveglio? Dovremmo averne paura?
Precipitare verso il vuoto in una sensazione che toglie il fiato e…svegliarsi, un po come
quando abbandoniamo il corpo nel riposo e il tutto diventa leggero e fluttuante il cervello "si spaventa" e innesca una reazione ADRENALINICA,per verificare che in realtà non ci stiamo addormentando per sempre. Come? Vi è mai capitato di appisolarvi e di sentire che state per cadere da uno scalino o precipitare dal letto? Ecco, studi neurologici hanno verificato che quella precisa sensazione, quel vuoto vertiginoso, sia l esperienza più vicina in assoluto che noi possiamo fare, in vita, della morte. 
Poi il BUIO.

Le prossime date:

29-30 settembre Prato
Contemporanea Festival

28 novembre - 2 dicembre Milano
Triennale dell'arte




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