Le sottili relazioni tra Yoga e Teatro | Incontro con Lucia Messina

Il nostro terzo appuntamento con Le sottili relazioni tra Yoga e Teatro oggi ci porta ad incontrare Lucia Messina, attrice e performer che parallelamente si è addentrata anche al mondo dello yoga. 

Diplomata nel 2013 come attrice presso Accademia Teatrale Veneta a Venezia. Inizia presto a insegnare teatro a gruppi di ragazzi e adulti e in un secondo momento collabora come assistente e co-docente con l’Accademia stessa. L’aspetto a cui dedica più spazio nell’insegnamento è la ricerca per ognuno della propria organica, sia nella parola che nel movimento. Dal 2016 fino a dicembre 2018 si forma come interprete di movimento presso Compagnia NUT. Sempre a Milano collabora come danzatrice con la Marina Burdinskaya Dance Company per il nuovo progetto 2018-2019 e con altre realtà del territorio per progetti di condivisione culturale. Dal 2019 lavora come educatrice per La Fucina Cooperativa, con progetti che portano danza e teatro come materie curriculari nelle scuole medie di Milano.

In questa breve intervista ecco che ci racconta la sua relazione tra yoga e teatro.

Foto di Stefano Del Bianco
 

Ti ricordi com’è avvenuto il primo approccio con il teatro e come mai ad un certo punto hai incontrato lo yoga? 

 

Il primo approccio con il teatro è stato a 15 anni durante le superiori. Ero incuriosita e anche alla ricerca inconsapevole di una strada creativa per esprimermi.

Lo yoga invece l’ho incontrato studiando per un anno alla Nico Pepe di Udine. È stato un incontro breve e tecnicamente poco approfondito, ma chi me l’ha fatto scoprire era un attore e regista che già lo viveva come training fisico, di concentrazione e come allenamento quotidiano alla dedizione. Quindi un semino prezioso che più avanti mi ha spinta ad approfondire questa pratica.

 

Che cosa stavi cercando? Il metodo (lo stile di yoga) che hai incontrato è rimasto sempre lo stesso o è cambiato?

 

Quando sono tornata a fare yoga ero a Venezia, un paio di anni dopo. Questa volta ho cercato io un corso di yoga da frequentare parallelamente agli studi d’attrice.

Sono sempre stata attratta dal lavoro corporeo e lo yoga mi è parso subito una pratica a me congeniale per unire la pratica corporea a una ricerca di approfondimento interiore, della quale sentivo la chiamata senza conoscere però uno strumento attraverso cui percorrerla.

Questo corso, ho scoperto poi, era una versione curata e sapiente di ashtanga yoga.

Nel tempo ho poi avuto modo di incontrare altri “stili”.

 

Come si è modificato nel corso degli anni il tuo rapporto con lo yoga?  Se si, in che cosa?

 

Successivamente ho collaborato per due anni con una compagnia di teatro danza di Milano che usa lo yoga come training di compagnia. Qui ho conosciuto lo yoga di Gabriella Cella, ricco di immagini energetiche, e alcune sequenze di kundalini, molto forti per chi come me non era un’assidua praticante (ma forse anche per i miei colleghi!).

Lì per lì ho “assunto” queste pratiche un po’ a scatola chiusa, le ho sposate come sposavo il metodo della compagnia. Negli anni a venire però, grazie a degli studi più approfonditi, ho capito quanto alcune pratiche non vanno prese alla leggera o considerate abbordabili solo perché scritte su un libro. 

Che lo yoga all’inizio è una partica che parla al corpo fisico e solo dopo vari passaggi può parlare anche al corpo energetico. Pensare di accedere a determinate pratiche complesse senza aver affrontato prima quelle propriamente fisiche può essere dannoso, se non se ne è consapevoli. E purtroppo non tutti gli insegnanti o direttori di compagnia sanno dialogare con i limiti dei più giovani e tanto meno con i propri.

 

Gli studi più approfonditi che dicevo sono un percorso quadriennale per diventare insegnante di hatha yoga che ho iniziato due anni fa alla scuola Shakti di Milano. Quando sono arrivata a questo percorso, cercavo un approfondimento tecnico che mi permettesse di ampliare la consapevolezza appunto inizialmente del piano fisico: come faccio cosa e come lo posso fare in modo funzionale al mio corpo. Come lo fai tu e come ti posso guidare a farlo.

L’onestà dell’insegnante per me è diventata una base fondamentale. Solo dalla chiarezza della base si può poi guardare in alto.

 

Che cosa ha completato la pratica dello yoga (se l’ha fatto) nella tua ricerca corporea?

 

Lo yoga mi ha aiutata ad affinare la capacità di ascoltare il corpo e mi ha dato gli strumenti per proporgli man mano esercizi che non risultassero mai una forzatura. Prima dello yoga e di altre mie elaborazioni personali tendevo senza rendermene conto a imporre al mio corpo un esercizio, senza considerare le sue necessità come mie.

Questo fondamentalmente era molto legato al vivere il corpo con “giudizio”, cioè giudicandolo.

La pratica dello yoga mi aiuta ogni giorno anche in questo: ad allontanarmi da uno stile di vita “giudicante”. Questo vale per tutti i piani, spirituale, umano e anche corporeo. 

 

 

Usi lo yoga abbinato al training teatrale o preferisci scindere le due cose? O l’una influenza l’altra in modalità continuativa? 

 

Per quanto mi riguarda preferisco dedicare allo yoga un tempo a parte. Appunto perché lo vedo più come una pratica per me come essere umano, più che come una pratica legata a uno o all’altro lavoro.

Sicuramente influenza il mio approccio alla vita e di conseguenza anche al lavoro. È come una pratica che in generale mi apre all’ascolto e a un accesso più diretto alla concentrazione e all’attivazione rispetto a qualcosa.

A ridosso di un lavoro attoriale, fisico o di parola, preferisco “scaldarmi” con altre pratiche più tecnicamente connesse a quello che andrò a fare e più modulabili a livello di tempo. Per me una pratica yoga dura almeno un’ora e un quarto e non sempre c’è il tempo o lo spazio “giusto”.

D’altro canto però quando lavoro più “da fuori”, come assistente alla regia o tutor di movimento scenico, mi piace proporre un breve training di yoga ai colleghi registi e attori. Laddove ci sia la necessità di un momento comune di concentrazione e attivazione per il gruppo con cui lavoro, lo yoga è una delle chiavi che preferisco, perché risveglia la coscienza del singolo e contemporaneamente dà alle energie dei presenti un input di armonizzazione.

 

L’applicazione che ne fai della pratica dello yoga abbraccia prettamente una valenza “fisica” o senti che va in qualche modo “oltre”? Se si, in cosa differisce secondo te da qualsiasi altra pratica corporale come lo stesso training?

 

La parola training oggi penso vari per ogni attore o regista vivente e non!

 

Secondo me, lo yoga, è un’ottima pratica fisica di allenamento e di riequilibrio posturale.

Il fatto poi che il corpo fisico si riequilibri può aprire le porte a un “oltre” che ha anch’esso vari “piani”. I primi testi dello yoga ne parlano come metodo fisico attraverso il quale però toccare un piano più interiore.

La letteratura sul tema è veramente ampia!

Ma partendo da uno dei principali testi e parafrasandolo molto liberamente, favorisce la centratura e quindi il distacco da tutto ciò che ci distrae o ci sposta dal centro.

Ecco quindi il valore aggiunto che può avere per un performer

Allenare l’apertura e la ricettività, escludendo però dal radar ciò che “sposta” dal focus.

Questo aiuta sia nei momenti di prova o di ricerca, sia soli che in compagnia., sia i momenti che precedono una performance: possibili ansie, un contesto poco accogliente, problemi organizzativi dell’ultimo minuto… tutto questo viene affrontato sì, ma senza perdere la stabilità interiore.

Certo questa sembra una prospettiva rosea, ma io credo in queste possibilità.

Lo yoga, come altre pratiche, è una disciplina millenaria che va a contattare degli strati profondi di noi. Non per forza dal punto di vista “interiore” o spirituale, ma anche dal punto di vista fisico. Una torsione, per esempio, che lavora sulle viscere (le viscere!) da un lato e dall’altro sugli strati muscolari profondi della colonna vertebrale è un esempio di come possiamo attivare molto intensamente e in profondità il corpo. A un livello “sottile”.

E questo inevitabilmente ci tocca anche dal punto di vista della concentrazione, banalmente, e del flusso energetico.

 

Un’altra pratica che uso spesso è lo stretching dei meridiani energetici, mediata dalla tradizione shiatsu di Masunaga. Anch’essa valida soprattutto come esercizio di preparazione di gruppo.

Questo per dire che lo yoga non è l’unica strada per un training “sottile”.

Chi cerca, trova la sua!

 

Ti è mai capitato di portare in scena “lo yoga”? 

Ossia, pensando anche agli stessi asana  o alle sequenze fluide, hanno in qualche modo influenzato le ricerche di forme più attinenti ad altre e che ti aiutano a comporre una coreografia?

 

Mi è capitato di fare improvvisazioni di danza dedicate e ispirate ad alcune asana o mudra, sì. E in generale quando improvviso mi ritrovo inevitabilmente ogni tanto in una asana o me ne arriva qualcuna come ispirazione.

Ma non ho ancora composto mai niente sul tema =)

 

Usi dei pranayama particolari in preparazione agli spettacoli? 

Usi dei pranayama anche mentre sei in scena? Se si, quali?

 

No, ancora non sono arrivata a questo tipo di familiarità. Li uso, ma durante la pratica personale.

 

Da quando pratichi è cambiata la qualità della tua resa in palcoscenico? 

 

È cambiata la percezione e la consapevolezza del corpo e incomincio a vedere un cambiamento nell’emissione vocale, grazie a una struttura fisica via via più funzionale.

 

Ultima domanda: Cos’è per te lo yoga?

 

Per me, oltre a una valida pratica di allenamento fisico, è un importante spazio di raccoglimento e di centratura.

Un momento di conoscenza di me, di accoglienza di limiti e di nuovi insegnamenti. 

Il metodo attraverso il quale preparo il corpo all’apertura del cuore.

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