Biennale Danza - per Stati Alterati di coscienza

"Un determinato stato alterato di coscienza e'quando non avviene spontaneamente ma deve essere costantemente ed espressamente  evocato attraverso delle tecniche" (H. Benson)

Terzo anno consecutivo per la direzione artistica di Wayne McGregor della Biennale Danza, in scena dal 13 al 29 luglio negli spazi dell'Arsenale, Teatro Malibran e Teatro al Parco di Mestre.

La vena instancabile di ricerca di Wayne ha dato vita a una programmazione decisamente singolare e interessante che ha posto al centro delle produzioni presentate la questione dello "stato alterato", una dimensione della coscienza, che e' uno dei tratti fondamentali della nostra esistenza e che ci rende diversi dal mondo degli oggetti e materiale da cui siamo circondati. La coscienza solitamente sembra svanire quando cadiamo dentro un sonno senza sogni o quando siamo addormentati da una anestesia totale, ed e' quella cosa che ritorna una volta che ci risvegliamo; la coscienza non ha un linguaggio o una intelligenza ma e' una dimensione profonda dell'essere che si manifesta senza essere pensata, o capita, ma e' in tutta la sua istintitivita'.

Alterare lo stato di coscienza permette di alzare il livello della percezione che si fa piu' sottile e attento, sembra un paradosso ma portarci in uno stato alterato delle cose ci aiuta a vederne parti o realtà' che solitamente non vediamo. In Biennale Danza anche rimanendo spettatori ci e' possibile attingere a quella parte di alterazione indotta dal danzatore, perche' per certi versi quando osserviamo incarniamo parzialmente il danzatore, ognuno a suo modo, perche' tutti abbiamo corpi e cervelli diversi.  Gli spazi che vengono amplificati, il tempo che viene dilatato, in qualche modo ci investe  e ci inghiotte trascinandoci in mondi sconosciuti.

La mia "alterazione di coscienza" e' avvenuta mercoledì 19 luglio, una giornata particolarmente calda. Sono arrivata in quel dell'Arsenale verso le 14.30 del pomeriggio e mi sono subito dedicata alla Mostra di Simone Forti allestita in Sala delle Armi A, questi spazi oltre a raccogliere foto, video, disegni proponeva a intervalli regolari delle performance dal vivo che riproducevano dei capisaldi della danza di Simone Forti, la dance constructions, una danza che ha riformulato per sempre il rapporto tra danza contemporanea e arte visiva, una danza nota per la sua estetica minimalista e l'uso di movimenti banali, come stare in piedi, camminare o arrampicarsi, abbandonando il virtuosismo tradizionale, infatti i suoi interpreti spesso non hanno una formazione accademica e il loro sforzo e'trasparente e non nascosto. La Dance Constructions e'ideata come una scultura viva, che interagisce con lo spazio in cui si svolge.

Mi dirigo successivamente verso il Teatro delle Tese per  assistere alle h. 16 a PENDULUM di Lucy Guerin (coreografa australiana) e il compositore Matthias Schack Arnott. Entriamo in uno spazio buio, dove al centro sono disposti 39 pendoli e un palco vuoto, possiamo camminare attorno a questo spazio e prendere posto su due lati dello spazio. Si capisce sin da subito che sono questi oggetti il fulcro della performance e che nonostante siano immobili sono già'  altamente ipnotici. Disegnati da Rob Larsen, designer al servizio di pratiche creative volte a esplorare il rapporto tra tecnologia e arte, e dal progettista di sculture sonore Nick Roux, i pendoli sono in ottone, a forma di campana, dotati ciascuno di un altoparlante, di una luce interna e di un sistema di sensori che rispondono al tocco dei danzatori. 

Pendulum di Lucy Guerin e Matthias Schack-Arnott - Courtesy La Biennale di Venezia / © Andrea Avezzù 

Pendulum di Lucy Guerin e Matthias Schack-Arnott - Courtesy La Biennale di Venezia / © Andrea Avezzù 

I movimenti che osserviamo sembrano creati in funzione di questa enorme installazione, dove si creano campi di movimento tra i pendoli e i 7 danzatrici. E' quest'ultimi, infatti, che spetta la responsabilità' di dare il primo impulso, ma una volta attivati sono le danzatrici che devono rispondere al movimento del pendolo. Sospesi in uno spazio immerso nella semi oscurità e nelle sonorità i pendoli oscillano, ronzano, pulsano luce, disegnano orbite, creano una relazione costante con lo spazio e il performer che ne accoglie velocità', intensità', si relaziona in un rapporto vertiginoso e costante, ma chiaramente univoco, che scandisce lo sguardo dello spettatore che non si stanca di osservare questi ritmi, anzi c'e' qualcosa di  magnetico, tra i movimenti delle danzatrici ( che spesso possiamo solo vedere marginalmente avvolte nell'oscurità) e i pendoli che creano una dimensione da cui non si riesce a distogliere lo sguardo, come i dervisci, il movimento sembra poter ripetersi ad oltranza, qualcosa che non ha una fine e che può' essere ricalibrato, rimodulato in qualsiasi modo ma che e' ipnotico e che trascina fuori dal tempo.

Alle h.18 al Teatro delle Tese -terza navata- mi aspetta BLKDOG di Botis Seva | Far from the norm.

BLKDOG di Botis Seva / Far from the Norm - © Camilla Greenwell

Non so cosa aspettarmi da questo lavoro, dunque il mio atteggiamento e'spoglio di ogni aspettativa, rimango folgorata sin da subito da questa giovane  compagnia, composta da sette danzatori - guidata dal coreografo britannico Botis Seva - che ha un modo tutto suo di muoversi sul palco. Tutti incappucciati, avvolti da tute larghe e grigie, si fatica a vedere esattamente i lineamenti dei volti, ma il corpo altamente espressivo sfonda la quarta parete e ci arriva dritto addosso.

BLKDOG di Botis Seva / Far from the Norm - © Paul Phung

Nonostante io stia guardando uno spettacolo di danza mi sembra quasi di essere davanti a un film apocalittico dove si alternano disperazione, sconforto, ilarità', violenza e rivalsa, un connubio che non ho mai toccato cosi da vicino in una sala di teatro, che trasporta velocemente lo spettatore in un altro mondo, quei mondi che alle volte rifiutiamo per paura del dolore, della morte, della sofferenza. Qui vengono portate in luce e sbattute in faccia allo spettatore a suon di movimenti ritmici, come un branco i sette  danzatori si muovono sostenuti da una musica quasi disturbate ma necessaria. Blikdog parla a tutti quelli che hanno affrontato dei momenti difficili, un trauma, del dolore o a chiunque abbaia sofferto di depressione o una perdita di un famigliare, la potenza con cui si rivela e' travolgente e non e'possibile distogliere lo sguardo da quello che avviene in scema, un ritmo ipnotico e sostenuto che ci trascina fino al fondo. Un esplosione di sofferenza ma anche i rivalsa, di risalita dal fondo.

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