La discesa nell'oscurita' di Castellucci e il teatro di parola di Dafoe - in scena per la Biennale Teatro 2025

La seconda tappa per la Biennale Teatro mi porta all'isola del Lazzaretto Vecchio per I MANGIATORI DI PATATE di Romeo Castellucci

Una densa discesa nell'oscurita' la performance ideata da Castellucci per la Biennale Teatro 2025. Il luogo spettrale che la ospita e' lo spoglio Lazzaretto Vecchio, edificio compatto, vuoto e silenzioso dove la performance prende vita e la riporta all'interno dei lugubri e lunghi corridoi che imbocchiamo in penombra guidati da una torcia.

Dotazione tappi per le orecchie, attenzione a dove si cammina, stare compatti.

Come uno spettacolo itinerante, veniamo guidati tra una serie di varchi che si aprono al nostro sguardo, ognuno contiene un sacco nero con dentro un corpo che esegue piccoli movimenti, come a ricordare che forse c'é' ancora della vita li racchiusa. Continuiamo fino ad arrivare ad un altro varco, piu' oscuro, una foschia aleggia nella stanza, c'é' qualcosa ma non si riesce a intravedere. Cala successivamente un buio totale, si alza un vento pazzesco, da togliere il fiato, il suono diventa viscerale e altissimo. 

Sei li immobile, in questo vuoto, potresti essere da ogni parte del mondo, nella profondita' della terra, o la fine del mondo potrebbe essere arrivata, non importa, il senso di angoscia e' forte e me lo vivo proprio paralizzata sul punto in cui sono arrivata. Immobile.

Foto Andrea Avezzu

L'oscurita' cede gradualmente a un bagliore, una enorme statua, un angelo che ci da le spalle che con l'indice punta il cielo, a poco a poco si allontana e dall'oscurità' in fondo allo spazio, proprio come se emergessero dal fondo della terra, arrivano i sei performer, un gruppo forse di minatori, con le loro tute, i picconi, sporchi di terra, avanzano verso di noi, creano dei movimenti simili sincroni, come una danza ritualistica. Non c'e' o se c' e'sono lontana dal capire il vero senso a quello che sto vedendo, il regista ha scelto di non lasciare scritta nessuna traccia se non delle parole lanciate li come dei sassolini a chi si imbatte in questo cammino: Caduta, Statua, Fame / Caricatura, Storia, Tre, Affetto, e poi ancora Amico, Cera, Marrone, Christus, Nastro / Lingua Imperii, Stella nera. Ma le sensazioni e le emozioni sono forti, forse amplificate anche dal luogo che ospita il lavoro, denso di storia e di sofferenza (che un tempo ospitava i malati di peste) che il regista ci fa vivere carichi fino alla fine: fame, miseria, dolore, morte. I corpi abitano lo spazio in una drammaturgia che non e'narrativa, la performance e' stata in realta'un immersione sensoriale totale (se escludiamo il senso del tatto), e da li, da quella profonda oscurità' e umanità', ne usciamo tutti un po piu' densi.

Foto Andrea Avezzu'

Un performance che si fa nell'occhio di chi guarda, da ad ognuno la possibilità' di leggere e di vedere quello che intuisce.

“I MANGIATORI DI PATATE”. Di Romeo Castellucci. Musica e voci Scott Gibbons, Oliver Gibbons. Dramaturg Piersandra Di Matteo. Con Luca Nava, Sergio Scarlatella, Laura Pante e con Vito Ancona, Jacopo Franceschet, Marco Gagliardi, Vittorio Tommasi, Michela Valerio. Direzione tecnica Eugenio Resta. Sculture e macchina Plastikart Studio – Amoroso & Zimmermann. Tecnica del palco Andrei Benchea, Stefano Valandro. Tecnica dei suoni Claudio Tortorici. Tecnica elettrica Andrea Sanson. Ingegneria Paolo Cavagnolo. Direzione della produzione Benedetta Briglia. Produzione Caterina Soranzo. Organizzazione Giulia Colla. Realizzazione costumi Carmen Castellucci, Francesca Di Serio.


Risaliamo in "terra ferma" verso l'Arsenale per incontrare il lavoro NO TITLE - un omaggio al regista Richard Foreman - il cui testo "No Title", appunto, viene ritrovato nella sua casa, dopo la sua morte,  scritto a mano su 640 cartoncini. 

No Title ( An Experiment) prende vita al Teatro Tese dei Soppalchi in Arsenale ed e' dunque la sfida che William Dafoe  ha lanciato a Simonetta Solder, attrice teatrale italo-austriaca.

ph Andrea Avezzu'

Il testo viene cosi portato in scena, in modo molto semplice, al centro del palcoscenico una tavolo con tre sedie, circondato da un cerchio di vetri rotti che delimita il confine tra noi e gli attori, i cartoncini vengono letti in ordine casuale, mischiati per 4 volte in 4 round di lettura. Dando cosi ogni volta una possibilità' di combinazione diversa e dunque la capacita' di un testo di essere esplorato in molteplici direzioni.

ph Andrea Avezzu'

Dice Dafoe:

«La cosa che mi ha colpito di Richard è che a volte trascriveva semplicemente a mano le frasi che lo interessavano, che gli risuonavano o lo incuriosivano», «Prendeva tutte queste frasi, le tagliava e le incollava senza alcun senso del personaggio o della messa in scena, e ne faceva un’opera teatrale».

ph Andrea Avezzu

Cosi l'esperimento si svolge in modalità' lettura, sistematica, intervallata da micro pause in cui i due attori cambiavano posto per poi proseguire nella lettura una volta rimescolate le carte. Con questo lavoro, ritorno al teatro della parola, il corpo non e' piu' al centro della drammaturgia ma la voce quale strumento indissolubile che da vita al testo. Rispetto ad altri lavori potrebbe essere visto come un "esperimento"  poco sperimentale e innovativo, ma in quei 50 minuti ci ho visto tutta la bellezza del teatro affidato al suono della voce, al potere della parola, che può evocare mondi, emozioni, e allo stesso tempo può' anche ferire come una coltello.

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