Le catarsi del teatro


Certe volte uno spettacolo puo' essere catartico? Rivelatore? 

Per me si.

A me e' successo, succede spesso in concomitanza a periodi della mia vita dove tutto e' complicato, dove soffro per delle mancanze, dei pseudolutti, delle perdite affettive. Mi rendo conto che le affezioni, i legami che ho con le persone a cui tengo sono molto importanti, sono una linfa vitale e nel momento in cui, per qualsiasi ragione perdo uno di questi legami io mi immobilizzo. Si, divento statica, non faccio praticamente nulla, sto li, piango, fisso un punto nel vuoto, chiudo gli occhi e cosi via, a ripetizione. Non riesco a muovermi. Non ci riesco. Quindi me lo devo imporre- di muovermi - per le cose piu' strettamente necessarie e diventa estremamente difficile farlo, non riesco a creare dinamismo. movimento, forse perche' ho anche paura di perdere quello che sto provando in quel preciso momento, ho paura che svanisca il dolore, la tristezza, i ricordi, ho paura in sostanza di lasciare definitivamente la persona, o situazione, che ho perso. Se mi metto in moto, ho paura di perderla.

Cosi la stasi, diventa una mia condizione permanente, dove in qualche modo sto bene, per un periodo limitato, ma la conservo, ne ho bisogno, crea quella sorta di "bolla" e di abituazione a un nuovo stato delle cose che al momento non sono in grado di affrontare se non cosi,  dove sto sommersa e guardo le cose da li, non so se le guardo in modo obiettivo, annebbiato, non lo so, ma ne ho bisogno. 

Stare seduta in platea, in mezzo ad altre persone che non conosco, continua un po a far parte di questa bolla, pseudo immobile, dove osservo, non devo far altro che osservare, non si chiede altro allo spettatore se non di deporre il proprio sguardo sulla scena e di mantenerlo.


Andare a teatro in quei momenti li e' difficile, non lo nego, ma in qualche modo me ne obbligo e mi imbatto in esperienze che mi aiutano, almeno nell'istante in cui le vivo ad elaborare certe cose, per poi perderle nuovamente. Ci sono altresì spettacoli dove si chiede allo spettatore una iterazione, un momento con cui condividere la medesima scena, li e' difficile, uscire dalla propria zona di comfort e limitata per creare un qualcosa - che non importa che sia giusto o sbagliato - con il performer. Anche questo e' successo, proprio domenica, e nel suo piccolo atto di "ribellione" e' stato curativo...un po.

Ne parlo presto nel prossimo post.


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