Opera prima Festival | Piccoli atti di ribellione

Ogni inizio estate la inauguro con Festival Opera Prima - diretto e organizzato dal Teatro del Lemming di Rovigo giunto alla sua ventunesima edizione- un festival sempre ricco di spettacoli internazionali ed inediti, in opposizione alle consuetudini odierne che tendono a uniformare le differenze, sostenendo unicamente ciò che è piu' commerciale. Il substrato teatrale e' in continuo fermento e Opera Prima si impegna a portarlo in superficie con coraggio e educando il pubblico a diversi linguaggi artistici della scena. 

Un festival che si snoda in alcuni punti della città' tra spazi all'aperto e al chiuso e che permette di entrare in confidenza anche col territorio circostante.



Inauguro la rassegna con la visione del lavoro MINE-HAHA ovvero L'EDUCAZIONE FISICA DELLE FANCIULLE di Corsucci- Bernardi  in scena al Teatro Studio venerdì  13 giugno alle h.21.30

"In un grande parco, disseminato di case basse coperte di rampicanti, centinaia di fanciulle vengono educate a sentire il proprio corpo, a farne uno strumento di assoluta, armoniosa eccellenza. Il mondo esterno non ha alcun contatto diretto con questo parco, ma lo finanzia, in attesa di accogliere le fanciulle che vi sono ospitate."


Lo spettacolo si rifa' al romanzo Mine-Haha ovvero l'educazione fisica delle fanciulle e viene presentato dal suo autore come un manoscritto, dal titolo “Mine-Haha”, che gli è stato consegnato da una sua vicina di stanza, l’ottantaquattrenne insegnante in pensione Helene Engel, la quale circa tre settimane prima si è suicidata gettandosi dalla finestra. “Mine-Haha (letteralmente l'acqua che ride) ,e'una sorta  di diario di memorie fittizie di Helene Engel, “Hidalla” nel parco, e ripercorre, a distanza di anni dalle vicende narrate, la vita della donna dalla sua primissima infanzia fino all’adolescenza. 


A partire dal romanzo di Wedekind, e in dialogo con esso, il lavoro si sviluppa attorno alla formazione di un corpo femminile, in scena quello di una ipnotica Matilde Bernardi,  mettendo l’accento su tutte quelle aree del testo in cui è particolarmente stretta la relazione tra sguardo, corpo ed educazione. Lo spettacolo pone l'accento sull'atto del guardare e di essere visti e sull'identità' di chi guarda e di chi viene guardato, come si trasforma in base a ciò' a cui si interessa, alle situazioni che vive.
Il corpo al centro della scena, inscritto in un telo bianco a terra, e' guidato dalla voce fuori campo che nomina tutte le possibili pose espressive di Hidalla, in una regolamentazione dei gesti impartita in questo parco dove avviene l'effettiva educazione fisica delle fanciulle poi destinate a reiterare gesti omologanti, chi non si adegua e'destinata a restare a vita nel parco.

Cé' una azione del prima in cui il corpo di Hidalla e' vestito nella sua fanciullezza, cé' una seconda azione in cui il pubblico si trova di fronte a un corpo nudo, quello della attrice, solo la testa coperta da una calza che ne cancella i tratti del volto e in qualche modo ne toglie l'identita', rendendolo un corpo come tanti altri,  reitera e rende una danza elegante gli stessi gesti eseguiti da Hidalla. Il pubblico e' in qualche modo testimone della sparizione magica e paradossale del corpo femminile e l'interrogazione di quel corpo cancellato attraverso un gioco di sguardi e di nudita' che ricorda anche la nostra in parte resposnabilita' voyeristica e assertiva.

Una drammaturgia che si fa nel corpo dell'attrice, che incarna le parole, le azioni, gli sguardi, una scena pulita, senza nessun altro orpello se non la presenza del corpo attoriale che  fa dello spettacolo e del testo una analisi lucida e minuziosa del potere dello sguardo.

La mia incursione prosegue con la piacevole scoperta di Giulia Scotti e il suo spettacolo QUELLO CHE NON CÉ' in scena domenica 15 giugno al Teatro Studio alle h.18

Come possiamo raccontare la storia di una persona di cui non abbiamo memoria? Come rendere omaggio a quella persona che ora non c é' piu' ma che e' stata una presenza importante indirettamente nella propria esistenza e quella dei propri cari? Il cui vissuto molto probabilmente a intaccato anche il proprio?

Lo spettacolo narra la storia di zia Daniela, scomparsa quando Giulia era ancora molto piccola, solo successivamente, in eta' adulta il padre le racconta tutta la storia. Lo spettacolo  si snocciola tra l'attrice che ci narra attraverso ricordi, immagini e racconti del padre la vicenda della zia, lo fa in modo semplice, onesto, non artefatto, la storia che ci racconta diventa un piccolo mondo in cui lo spettatore si immerge e lo può' fare anche grazie al supporto dei disegni proiettati sullo schermo (disegni eseguiti da Giulia, originariamente il lavoro doveva essere un fumetto) che contribuiscono a creare la storia, a farci vedere la zia, il dolore, la disperazione e anche la bellezza di una storia come tante, una storia che potrebbe essere di ciascuno di noi e la possibilità' di raccontarla rende omaggio a questa vita che ora non esiste piu'. 


Lo spettacolo si contraddistingue, dunque,  per questo dialogo originale tra la messinscena e il fumetto, due linguaggi diversi ma che riescono a dialogare e a omogenizzassi, rendendo il lavoro fresco, contemporaneo e innovativo pur trattandosi di un teatro di narrazione. La scena pulita, pochi elementi costruiscono lo spazio: palco bianco, schermo bianco, 4 sedie a lato della scena, bianche. 

Il lavoro si conclude con la canzone VIVO di Andrea Laszio De Simone, cantata dall'attrice, la canzone sigilla questo delicato racconto, fatto di memorie, frammenti ed emozioni di un passato che viene riportato alla luce e che può' continuare a rivivere, e' la storia di legami profondi e di tentativi falliti di salvare una vita.

"Lo so bene, la vita e' breve e pure stretta, ma la tua
mente e' una gran sarta cuce in fretta, 
il tempo di una sigaretta"

MOMEC_MEMORIA IN MOVMENTO per questa nuova edizione del Festival ha preparato una installazione sempre per uno spettatore alla volta che prende il titolo DUNQUE SIAMO! dalla durata di 15'. Ospitata al Palazzo della Gran Guardia, l'installazione e' una esperienza che vuole accendere la scintilla dell' intima rivolta contro la propria passività', da chiusi in noi stessi a rivolgerci verso l'esterno. E cosi succede, si viene fatti accomodare in una prima stanza dove si sta seduti davanti a uno specchio, la nostra immagine viene rispecchiata ma distorta, una voce in sottofondo ci accoglie e ci stimola a guardare tra le pieghe del nostro cuore, poi si accede a un altra sala, questa volta ci si siede davanti a una attrice, che ci legge un piccolo scritto, poi si viene invitati a fare altrettanto, scrivere una nostra personale ribellione, da dove partire?  Il momento si fa rivelatore, porta a mettere nero su bianco quello che si desidera fare, da dove si vuole ripartire, dopodiché'...davanti a un microfono lo si legge, su una piazza fortunatamente vuota per il troppo  caldo, ma le parole scritte diventano suono e diventano cosi ancora un po piu'reali.

Sono sempre dei preziosi momenti, quelli che ci offre Momce con le sue installazioni, vissuti in solitudine permettono di addentrasi piu' nel profondo e di rendere l'esperienza unica. Per una catarsi dell'animo.

Chiude l'esperienza del Festival il lavoro di assolo danzato della danzatrice russa Anna Ozerskai con PART ONE, in scena alla sala polivalente del suggestivo Chiostro degli Olivetani



Originariamente il lavoro composto durante le restrittezze del covid era stato pensato per uno spettatore alla volta, ora si apre a un pubblico un po piu' ampio ma sempre mantenendo quella intimità' che serve per togliere il confine tra lo spettatore e il performer e far si che sguardo e corpo possano in qualche modo dialogare e ritrovarsi nella danza. Danza che porta in scena delle profonde riflessioni, intime e sincere, del periodo del covid, come un movimento imprevisto il corpo racconta il vissuto passato con la necessita', non solo di raccontarlo, ma in qualche modo di ricordarlo condividerlo ed esperirlo attraverso e con lo spettatore. Dieci minuti di poesia corporea.


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