CLOTUR DE L'AMOUR di Pascal Rambert
La fine di un amore
Una stanza vuota
La luce al neon, fredda, catatonica
Due persone, due corpi, che si fronteggiano da un lato
all’altro della stanza
Un testo semplice ma efficace
Due ore di monologo/scontro intenso, crudo, spietato da
togliere il fiato.
Le versioni contrastanti, le sensazioni differenti, di una
coppia che mette fine alla propria storia d’amore. Parole che pesano, che
diventano più taglienti di lame affilate.
Quante volte avremo voluto parlare così alla persona che ci
ha ferito? Che ci ha deluso? Che ci ha buttato via? Quante volte avremo voluto,
almeno una volta, avere la possibilità di un tempo illimitato e uno spazio da
cui è impossibile scappare per “vomitarsi” addosso tutta l’amarezza, la
cattiveria, la delusione e quel poco di amore che è rimasto per chiudere, archiviare,
spazzare ed eliminare ogni cosa che ci ha unito a quella persona?
A me personalmente è capitato, e più ascoltavo e guardavo
questi due bravissimi attori,
Audrey Bonnet e Stanislas Nordey, diretti da Pascal Rambert in CLOTUR DE L’AMOUR, più mi sentivo partecipe e coinvolta, una volta ben rappresentata
dall’uno e una volta dall’altro.
Due ore di spettacolo,due monologhi se vogliamo così dividerli, un ora per Stanilas e un ora per
Audrey.
Prima tocca a lui.
Lei zitta in piedi, immobile ascoltava tutto quello che lui
le diceva, che le riversava addosso. Parole violente, violenza gratuita quasi, e lei
incassava e soffriva, immobile, e si riempiva di dolore, di lacrime di
incredulità…
come si può parlare così ad una persona che si è amato?
Stanislas recitava con foga, più che con la voce, il suo
corpo manifestava una tensione che le parole celavano, il suo corpo si
contorceva e le frasi venivano in qualche modo portate a galla dai suoi gesti
che tradivano un nervosismo latente.
Lei, Audrey, per la prima parte dello
spettacolo rimane immobile. Il suo corpo minuto e i suoi capelli lunghi e
lisci, facevano della sua figura la traduzione del suo silenzio rispettoso e
paziente.
Quando è il suo turno, dalla sua bocca esce una voce
sicura, ferma, che ben contrastava con i suoi occhi e la sua espressione piena
di dolore.
Un corpo, quello di Audrey, che sapeva creare silenzio, pausa e
riflessione, una voce che in alcuni momenti raggiungeva degli acuti per poi
all’improvviso scivolare di nuovo nel silenzio.
Un argomento forte, quello portato in scena da Pascal
Rambert, forte e difficile. Perché quando si parla d’amore e soprattutto della
fine di un amore, di una storia, non ci sono mai verità assolute e certezze innegabili.
La domanda principale è: chi amiamo quando amiamo?
Il regista però non da una risposta e si avvale di numerose
possibilità. Perché“la nostra
immaginazione è limitata da quello che crediamo possibile”…
VISTO A MODENA, VIE FESTIVAL 2012
TEATRO
DELLE PASSIONI
26/05/12
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