Il tempo magico di Scene di Paglia
La scorsa settimana sono stata “scatola” dentro
la scatola e ho ricevuto una scatola come regalo….analogie?!?
Ogni volta che presento il mio “theatre blog” mi viene posta sempre la stessa
domanda: perché scatola?
Ecco. Se foste stati con me, spettatori
intrepidi, in questi spettacoli andati in scena a Scene di Paglia, che ho avuto la fortuna di incontrare lo
avreste capito, perché in tutti i lavori ho visto quello che da sempre provo
a spiegare.
La scatola contiene, racconta, fa vivere, racchiude
i sogni, le avventure e l’immaginazione.
Quest'anno il festival, giunto alla sua settimana edizione, ha voluto soffermarsi sul concetto del tempo e di come il teatro possa trasformare questa "unità di misura" a piacimento. Il teatro che riporta alla memoria, che fa presente, che fa "perdere" il senso del tempo e la concezione dello spazio. Dare tempo al tempo, per ascoltarsi, riflettere, indugiare e scegliere. E' in questa atmosfera che ho avuto la fortuna di imbattermi in tre lavori particolari.
Teatro Woodstok con lo spettacolo Un piccolo principe ha donato a una platea di pochi spettatori una
performance itinerante tra gli spazi del Teatro Filarmonico di Piove di Sacco
che per l’occasione si è riallestito - non solo sul palcoscenico - nelle
retrovie.
Il pubblico accompagnato alla scoperta di
mondi/stanze sconosciuti, insieme al piccolo Aviatore, è da lui interrogato facendolo immergere in spazi sempre
diversi: ora pieni di nuvole, ora delicati e luccicanti come il vetro, ora
pieni di stelle e pianeti, ora avventurosi come il deserto e profumati come
rose.
Un percorso fatto per essere goduto sotto ogni
aspetto, attraverso l’udito, il tatto, l’olfatto, oltre che con la vista.
Pensato per spettatori vedenti e non vedenti, la performance regala un momento
“irreale”dove poter usare la propria fantasia e lasciar andare la razionalità -
che caratterizza troppo il mondo adulto sempre intento a darsi e a dare una
spiegazione e un perché a tutto quello che lo circonda - spesso inconsapevoli
dell’ignoto che li avvolge. Un ottimo esercizio per lasciarsi trasportare
dall’euforia contagiosa dell’attrice che ci accompagna e che tristemente poi ci
lascia ritornare nel mondo reale, ma con un dono, il dono speciale di una
piccola scatolina, vuota (?)dove ogni partecipante ha la possibilità di
custodire cose che non si possono svelare e che solo lui sa mantenere.
Una tazza di mare in tempesta è lo spettacolo di Roberto Abbiati andato in scena al Filarmonico per un teatro dentro il
teatro.
15 spettatori per 15 minuti di spettacolo, un condensato di
pura magia teatrale, ma quella fatta bene, dal sapore antico, artigianale,
quella che ti fa rimanere con lo sguardo incantato mentre osservi oggetti
quotidiani che prendono vita sotto altre forme e dimensioni. Si può raccontare
la storia di Moby Dick in un quarto d’ora? Roberto Abbiati ci riesce e con
assoluto ingegno.
Forse sono di parte, si sa, amo gli spettacoli brevi e
incisivi.
Abbiati esaudisce ogni mio desiderio. Mi fa tornare bambina
chiudendomi in una scatola di legno, con altri 14 protagonisti che, come me, si
affidano alla sua inventiva. Rannicchiati su degli esigui sgabellini ci lascia
da soli e in silenzio e fuori…fuori inizia la magia.
Otto sono i pertugi da cui l’attore entra in contatto col
pubblico dall’esterno, ora facendosi varco da un vecchio pianoforte sgangherato,
ora dalla finestra, ora da un quadro; finte tappezzerie reggono il gioco di
magie, in un continuo esterno/interno, che si animano con la sua presenza che
racconta a suon di rima e musica la storia affascinante del mare, dei suoi
velieri e delle balene, li dove puoi leggere tutto il mare in un libro e li
dove puoi vivere tutto il libro in una…tazza!
“ Si, Ismaele, il mondo è una traversata senza viaggio di
ritorno”
L’amore ai tempi del colera mi ha permesso di vedere dal vivo
finalmente Laura Marinoni, attrice (con la A maiuscola) premio Ubu, Duse e
tanti altri, carriera infinita!
E’ strano icontrarla proprio a
due passi da casa, in una piazzetta nascosta e raccolta di Piove di Sacco.
Inusuale la sua performance in
cui canta e recita in uno spettacolo di quasi ben 2 ore che regge completamente da
sola (a darle supporto musicale Alessandro Nidi e Marco Coronna), raccontando e
interpretando la grande epopea romantica di Gabriel Garcia Marquez.
Ammaliatrice sul palco, non si
può non prestarle la massima attenzione, bellissima e intensa mi ricorda che
l’amore forse non ha spazio nè dimensione, ne tanto meno regole ne ragione.
La musica è il tessuto in qui prende vita quasi tutto lo spettacolo, la forma scelta sembra essere
frutto di una ricerca che intende usare parole e musica senza soluzione
di continuità. Il progetto musicale è strutturato su un repertorio vasto
di matrice prevalentemente “caraibica”: Cuba, Giamaica, Colombia,
Venezuela che sono i luoghi in cui è ambientato il romanzo. Ma ci sono
anche alcune “incursioni” in altri generi musicali, con contaminazioni
tra jazz, flamenco e soul: la scelta di un repertorio non sempre
filologico permette di collegarsi ad alcune atmosfere emotive della
storia attraverso dei cortocircuiti musicali che risultano estremamente
efficaci. Le canzoni prendono spunto dalle vicende e dalle atmosfere del
romanzo e rivelano un’inedita Laura Marinoni che recita e
canta. La gioia e la “saudade” del suo canto sprigionano e
accompagnano l’intima essenza di questo romanzo da anni diventato un
“cult”.
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