La memoria di TerrAmara

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"Ricordo da piccolo, quando mio padre mi offriva certe arance arrivate dal sud e con orgoglio ostentava il fatto che avessero "i figli": spicchi più piccoli gonfi di succo, attaccati ai grandi spicchi che formavano il frutto. Ricordo ancora quanto erano per me "speciali" quelle piccole parti, più preziose del tutto, tanto da apparire e quindi essere, più buone. Il piccolo si identificava col piccolo, cannibalizzandolo per acquisire quell'essenza speciale."
(Michele Abbondanza) 
 

Arance colorate, profumate, succose.
Arance che invadono il palco, il corpo, i cesti.
Arance che creano dinamismo, un culto, azioni.

Era da un pò di tempo che desideravo vedere la compagnia Abbondanza/Bertoni in scena e fortunatamente, grazie alla rassegna Prospettiva Danza Teatro a Padova, sono riuscita nell'intento sabato 9 maggio al Teatro Verdi/Teatro Stabile del Veneto.
 
Non è cosa semplice descrivervi TerrAmara.
Spettacolo intenso raccontato da due corpi che si muovono armoniosi su di un palco spoglio che ricorda un paesaggio rurale sospeso nel tempo, rivestito d’arance.
Non è facile perché si sono manifestate tante emozioni, tradotte solo con la forza del corpo che ha saputo descrivere una storia d’amore appassionata, fatta di sguardi, d’incontro, di litigi, di lavoro.
Non si riesce a staccare gli occhi da quel palco, sudato, ricco; non si riesce a non farsi coinvolgere dal vissuto e dalla contrapposizione anche fisica dei due danzatori. Lui (Francesco Pacelli) forte, presente e stabile, lei (Eleonora Chiocchini) leggera, intensa e sensuale, riportano in scena uno spettacolo che vide la luce nel 1991, interpretato e creato da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni che oggi guidano e dirigono i giovani protagonisti. Un lavoro che rivive ancora una volta, in un viaggio nella memoria, vissuta nel tessuto dei corpi di oggi che portano le stesse intenzioni di ieri.

 
Centinaia di arance invadono il palco dello Stabile, il colore vivace si staglia sul bianco e nero degli abiti e della scena, un teatrodanza che ricorda le scenografie naturalistiche di Pina Baush. Si respira la Sicilia, la passione e l’amore. Amore per il fluire della vita, la sua armonia, disegnato dai corpi in racconti astratti che spesso ricorrono a delle evocazioni più tangibili.
Terramara è un po’ un omaggio al tempo, un tempo scomparso che viene tenuto in vita solo dalla memoria e che si può rivivere attraverso dei segni che proprio perché simboloci riescono ad arrivare allo spettatore che riconosce, avvertendo la fisicità sincera dei due interpreti.
Foto MaurizioMontanari

Il potere della parola, della voce è sempre molto forte. Quando, però, sono di fronte ad opere di questo tipo, rimango sempre colpita e affascinata dal linguaggio puro e allo stesso tempo articolato che sa fare il corpo che nella sua semplicità e quasi primordialità del gesto, permette all’individuo di essere sincero, di non nascondersi e di donarsi.  
Il corpo da solo racconta il tempo mutevole che ci avvolge, ci inghiotte e ci trapassa; racconta il dolore, la felicità, la timidezza e la sicurezza.
In Terramara nonostante la parola sia assente è particolaramente viva e intensa ogni emozione evocata proprio dal linguaggio fisico che non fa mancare nulla. 
Terramara racconta l'amore in tutte le sue molteplici forme e sfumature, in tutti i suoi momenti belli, felici, difficili e tristi, racconta del tempo generoso e arido, racconta della vita.



Prossime date:
DUEL in scena a Roverato al Teatro Zandonai il 16/05/2015
TERRAMARA in scena a Catania al Cortile Platamone il 15/09/2015

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