LO YOGA NEL TEATRO - JERZY GROTOWSKI
Eccoci arrivati al secondo venerdi dedicato ai personaggi teatrali che hanno attinto dallo yoga per le loro pratiche, in particolare, di preparazione alla scena.
Dopo Stanislasvkij, che lasciò un bagaglio e una eredità non indifferente, il successivo lavoro di "rottura" con il passato dai vecchi schemi interpretativi e di preparazione dell'attore viene preso in mano da J. Grotowski (Rzeszów, 11 agosto 1933 – Pontedera, 14 gennaio 1999) regista teatrale polacco, fu una delle figure di spicco dell'avanguardia teatrale del Novecento.
È ricordato per aver ideato una rivoluzionaria tecnica di formazione per gli attori;
esponente del teatro d'avanguardia creò la concezione di "teatro
povero" che ispirò il cambiamento nell'approccio alla recitazione a lui
successivo.
"Da giovane mi domandavo quale
fosse il mestiere possibile per cercare l’altro e me stesso. Per cercare una
dimensione della vita che fosse radicata in ciò che è normale, organico,
perfino sensuale, ma che oltrepassasse tutto questo, che avesse una sorta di
assialità, di asse, un’altra dimensione più alta che ci oltrepassa. A
quell’epoca volevo studiare o l’induismo per lavorare sulle diverse
tecniche dello yoga o medicina per diventare psichiatra o l’arte drammatica per
diventare regista".
A differenza di altri suoi colleghi, a Grotowski interessava il teatro non
come un fine ma come un mezzo. Infatti, le necessità che emergevano da
una società prostrata dalle guerre mondiali, da una precarietà della vita
imperante e da alcuni strappi insondabili all’interno del tessuto umano portano a spostare la priorità espressiva
dalla formula “l’arte per l’arte” a “l’arte per la vita” o addirittura “l’arte della vita“.
Peter Brook dirà, riguardo la ricerca affrontata da Jerzy Grotowski, che quest’ultimo riuscì perfettamente ad usare l’arte del teatro come “veicolo”.
Lo scopo con cui questo regista si approccia al teatro è infatti unico. Per lui la cosa più importante erano le prove, lo spettacolo in quanto tale diventava un qualcosa che avveniva tra attore e spettatore, un rapporto unico in quel preciso momento.
Peter Brook dirà, riguardo la ricerca affrontata da Jerzy Grotowski, che quest’ultimo riuscì perfettamente ad usare l’arte del teatro come “veicolo”.
Lo scopo con cui questo regista si approccia al teatro è infatti unico. Per lui la cosa più importante erano le prove, lo spettacolo in quanto tale diventava un qualcosa che avveniva tra attore e spettatore, un rapporto unico in quel preciso momento.
Ed è proprio a queste particolari relazioni umane che hanno portato Grotowski a interessarsi del teatro.
Diceva:
. «Abbiamo nel nostro corpo un corpo antico» – afferma Jerzy
Grotowski nel 1985-86 – «un corpo rettile, potremmo dire. [...] Ho cominciato a
chiedermi come tutto ciò fosse collegato a un’energia primaria, come –
attraverso diverse tecniche elaborate nelle tradizioni – si sia cercato un
accesso a questo antico corpo dell’uomo »
Uno dei contributi più importanti del regista alla storia
del training dell’attore sono
sicuramente, accanto agli esercizi fisici e plastici, le tecniche e il lavoro da lui scoperto sulla «voce naturale»
(specialmente la scoperta dei «risuonatori») e sulla «respirazione naturale».
Rispetto a questi due elementi del lavoro dell’attore, Grotowski, ammettendo
apertamente un debito verso le tecniche degli attori della tradizione cinese,
ha sempre insistito sulla componente non attiva del suo approccio alla tecnica
e su come lo sblocco della voce e della respirazione coinvolgeva un lavoro
sulle resistenze profonde (psichiche) che dovevano essere affrontate con una
via negativa.
Gli «esercizi fisici», secondo il regista, fornivano l’area di lavoro per andare oltre: spesso erano basati su posizioni e movimenti ginnici molto vicini all’Hatha yoga e si fondavano su una «qualità di sfida». Affrontando questa sfida, atteggiamento questo molto simile a quello taoista, l’attore raggiungeva una condizione di «fiducia primaria», quando riusciva a vincere la sfida trovando il suo «modo» (la sua via) per raggiungere uno stato ignoto «lasciando che fosse la propria natura (per quanto possibile) a trovare il modo»
A Pontedera, Grotowski sviluppa una nuova fase, forse più
artigianale, del suo lavoro, sempre più strettamente imperniato sulla
performance applicata agli antichi canti vibratori africani e afro-caraibici
come strumenti (puntualizza Richards) «per realizzare un lavoro su se stessi» e
al fine di «aiutare l’organismo in un processo che si può definire una
trasformazione di energia»
L’arte come veicolo dunque per trovare la propria insita natura.
L’arte come veicolo dunque per trovare la propria insita natura.
Vi lascio con un video, relativo al Training per “Laboratorium” in Wrocław del 1972 che racconta l'idea che aveva movimento naturale del corpo.
Per approfondire potete leggere questi due libri:
Per un Teatro povero - Bulzoni 2017
Il Teatr Laboratorium. Materiali 1959-1969 Jerzy Grotowski - editore La Casa Usher
2006
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