Maratona Teatrale per Biennale College Teatro

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You know I’m No Good, famoso singolo di Amy Winhouse, è il titolo della maratona finale in scena l’11 e il 12 agosto che raccoglie in un unico spazio (Sale d’Armi) gli esiti dei laboratori di Biennale College – Teatro, tutti ispirati a un tema proposto da Antonio Latella per 360' di spettacoli.


Latella ha chiesto ai maestri dei laboratori “di identificare un'artista, donna, operante dalla seconda metà del Novecento misteriosamente scomparsa, e di mettere una lente di ingrandimento là dove si possa vedere qualcosa che per troppo tempo è rimasto nascosto, o volutamente tenuto sotto silenzio. Che nasca un confronto vero e necessario perché quel punto fine possa essere anche un punto e a capo, aprire nuove domande, mutarsi in territorio fertile di ricerca fortemente generativo… Sono convinto che in un Festival dove il filo rosso resta il processo creativo degli artisti, il loro percorso, la loro ricerca, sia anche importante avere il coraggio di fermarsi a riflettere su coloro che volontariamente, e, aggiungo, molti di loro lucidamente, hanno scelto prima del tempo di dare addio alla vita o di rifiutare la carriera artistica”.

Ogni maestro ha quindi scelto un’artista come tema del proprio laboratorio: Simone Derai di Anagoor ha scelto di lavorare attorno alla figura di Norma Jean Baker (Marilyn Monroe), Nathalie Béasse su Jean Seberg, Franco Visioli e Letizia Russo su Unica Zürn, Anna-Sophie Mahler su Aglaja Veteranyi, Maria Grazia Cipriani del Teatro del Carretto su Amy Winehouse, Katrin Brack su Charlotte Posenenske,  Suzan Boogaerdt e Bianca Van Der Schoot su Lee Lozano.
Un laboratorio sarà dedicato alle diverse strategie di comunicazione legate alla critica teatrale sotto la guida della saggista e critica Roberta Ferraresi.


L’esperienza è stata una rivelazione, nel senso che, di “maratone” ne ho fatte diverse (tra cinema,serie tv, si dai anche qualche camminata ma non 42 km eh), questa teatrale pur con molte pause (dopo ogni lavoro c’era il cambio scena di circa 20’) è stata bella cicciotta. L’idea di scegliere e rappresentare artiste donne suicide indagando la loro fragilità, il punto più nascosto, che tenta di essere svelato, senza una soluzione di continuità, ha permesso di guardare con nuovi occhi le artiste già conosciute e con interesse aggiunto quelle non conosciute. Ho scoperto donne mai sentite e mi sono appassionata alle loro vicende, al loro operato, come il caso di Jean Seberg in realtà la conoscevo l’avevo vista nel film della Nouvelle Vague FINO ALL’ULTIMO RESPIRO e la trovai incantevole, elegante e senza di lei sicuramente il film non avrebbe avuto lo stesso impatto; UnicaZurn scrittrice - si butta da una finestra a 54 anni – ecco che mi si svelano due opere letterarie che non mancherò di leggere, se vi va segnatevi i titoli: L’UOMO DEL GELSOMINO e DUE DIARI – appun ti di una anemica e la casa delle malattie; l’artista concettuale LeeLozano era per la ricerca dell’estremo per cogliere l’azione, si dissociò completamente dal mondo femminile arrivando a non aver nessun tipo di contatto con le donne, infatti nel laboratorio indagano il concetto di rigetto nella sua massima espressione…assenza di persone. Aglaja Veteranyi era una scrittrice, con diversi trascorsi di attrice (fondò anche una compagnia teatrale) , nonostante i numerosi successi mori a 39 anni gettandosi nel lago di Zurigo, un titolo interessante che ho trovato è questo LO SCAFFALE DEGLI ULTIMI RESPIRI .

Donne. Forti, creative, instabili, nevrotiche, fragili, incomprese. Donne che decidono di togliersi la vita, lo fanno con atti estremi, come se fosse il loro ultimo dissenso contro la società che le voleva in un certo modo, contro se stesse incampaci di "ascolatarsi", altre come se volessero cancellarsi senza lasciar traccia. Trovo affascinante e allo stesso tempo inquietante che donne di questo calibro, che avrebbero potuto ancora dare molto, sono giunte a un punto di non ritorno con se stesse, subito appena giunte ai 40, o poco dopo, scelgono di uccidersi
Biennale College Teatro sceglie di dare spazio a questo, come voler continuare la testimonianza di queste artiste e di molte altre che come loro si sono nutrite e hanno nutrito chi stava loro intorno del loro operato, della loro arte, scovando i punti più nascosti e le debolezze di queste donne. Riuscendoci.

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