MEIN HERZ - CENTRALE FIES
Il
cuore.
Qual
è il posto dove lo avete lasciato?
Quali
sono gli immaginari che lo fanno vibrare?
Le
paure che lo fanno arrestare?
Gli
amori che lo fanno vivere?
Cosa
c’è dentro il vostro cuore?
Il cuore, il movimento, l'azione costante, un battito continuo, ritmato, che non
cede, non si ferma, certe volte lento, altre volte veloce. Il battito che ci
rincuora quando appoggiamo la testa sul cuscino, che ci culla nelle notti
difficili, che ci tiene svegli quando siamo angosciati.
Il
cuore.
Al
centro di tutto, un motore che ci fa agire, che ci permette di scegliere
secondo le nostre emozioni.
Cosa
ho sentito a Mein Herz/Centrale Fies?
Innanzi
tutto tanti cuori, incarnati in tante persone che si muovono con un senso
comune, con un sentire comune, che fanno della Centrale Fies un grande cuore,
un grande motore, che smuove emozioni, che connette persone, artisti e
spettacoli, che fanno della Centrale un posto protetto, accogliente, stabile,
forte e sicuro. Il Cuore è stato IL protagonista di questa 33esima edizione di Drodesera.
Cosi
ho deciso di scrivere di questi due giorni alla Centrale principalmente di cuore, o di pancia.
Cosa
ho visto a Mein Herz?
Quattro
spettacoli il 1 e 2 agosto.
Quiet Ensemble con Der Teufel leise, Faust (il diavolo sottovoce); Collettivo Cinetico
con ; Ricci Forte con Imitationofdeath e Pathosformel con T.E.R.R.Y.
Cosa
ho ricevuto da questi lavori?
Sicuramente
cose diverse, in alcuni casi anche nulla. In ordine crescente d’impatto
emotivo ve li descrivo qui a seguito.
Mi
infastidisce scrivere questo, però è pur vero che capita di vedere cose che non
avresti proprio voluto vedere. Quando esco da uno spettacolo dove non sono riuscita a
comprendere nulla un po’ mi avvilisco. La cosa che più mi piace quando siedo in platea è il fatto di poter “prendere” il più possibile
di quello che vedo e farlo mio, farmi trascinare, farmi contagiare, sono sicura
che ognuno ha la sua personale lettura di ciò che vede. Purtroppo con lo
spettacolo dei Pathosformel, T.E.R.R.Y, questo non è successo. Forse mi mancava tutto lo studio delle
precedenti, ma non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa mi stessero
comunicando, non sono riuscita a darmi una risposta, mi son sentita vuota…brutta cosa. Guardare per circa 40 minuti delle lampade che si accendono e si
spengono alternativamente, che accerchiano 6 marchingegni, (tipo delle serre con le ruote che contengono delle
piante) queste serre si muovono, si scontrano, creano delle azioni; certo c’era la lotta per la sopravvivenza ma…decisamente difficile.
Sicuramente
diverso e più interessante, almeno per me, il lavoro dei Quiet
Ensemble «Il Diavolo sottovoce», ha voluto essere in qualche modo il tributo al mito
di Marlowe e Goethe. Anche questo è un lavoro che toglie l’attore di scena,
spoglia lo spazio dalla presenza umana ma lo riempie di una partitura fatta
unicamente di luci, suoni ed energia. Oggetti che si animano, sembra quasi risvegliare
il demone nascosto in questi organi inerti che compiono azioni di vita propria
(decisamente ipnotiche luci, musiche e il pallone bianco). Durata 30’, troppo, 20 minuti sarebbero stati sufficienti.
Con del Collettivo Cinetico mi trovo di fronte ad un atlante di
9 ragazzi adolescenti, tra i 16 e 18 anni, che attraverso dei comportamenti e
regole prestabilite sono chiamati ad agire nello spazio a seconda del comando
che viene dato, inconsapevoli di quale sarà. Si gioca
di improvvisazione ma è una improvvisazione guidata su binari ben precisi che
porta a far conoscere questo mondo variegato di “esemplari” che agiscono a seconda di cosa viene richiesto. Originale, fresco, curioso, senza dubbio uno dei lavori più interessanti visti nell’ultimo periodo!
Chiudo il tutto, e non potevo farne a meno, con i Ricci Forte e il loro
Imitationofdeath. Seconda volta che lo rivedo, posso dire di averlo vissuto più
intensamente e più chiaramente della prima.
“Siete mai stati al funerale delle
vostre aspettative?”.
Quando assisto ai lavori dei Ricci Forte non posso fare a
meno di interrogarmi in diretta sui quesiti che vengono affrontati, un lavoro
che è un continuo divenire, uno spettacolo sempre diverso, sempre nuovo,
governato da questi 16 performer che trasudano sentimenti, emozioni, che si
denudano sotto ogni punto di vista e che lo fanno senza paura, con fiducia quasi cieca.
Imitationofdeath parla della morte? Si ma non c’è morte senza vita, è quindi un
omaggiare la vita, è un ricordare che non saremo qui per sempre, è un sottolineare
come troppo spesso siamo legati agli oggetti, alle cose, le uniche che
parleranno di noi, che ci racconteranno, che testimonieranno chi eravamo, che saranno la nostra sindone.
“Ogni giorno subiamo delle piccole morti: compromessi,
abdicazioni a ideali che erano in noi fin dall’adolescenza, fallimenti,
frustrazioni per rapporti che si concludono, tutte quelle cose che non riescono
a farci reagire”
Il mio viaggio finisce qui,
il mio cuore è stato un po’ tartassato, a tratti deluso, commosso, divertito, sorpreso.
Il mio cuore è stati qui----> MEIN HERZ.
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