Venerdi sera BMotion: Preghiere, Padri, Pupazzi

Ogni anno per me BMotion, a Bassano del Grappa, chiude definitivamente l’estate, il periodo “bolla” di stasi dal lavoro. E’ un rituale che per me si compie innarestabile da anni, ma che nel farlo mi fa assaporare ancora quella parvenza di vacanza, quella fuga dalla realtà, che a Bassano è possibile percepire.
Ho scelto di chiudere la mia stagione estiva con lo spettacolo PADRE NOSTRO dei BABILONIA TEATRI – in prima nazionale - e con lo spettacolo di LA CLASSE di Fabiana Iacozzilli/CRAMPI entrambi in scena Venerdi 30 agosto.

Ho trovato riconfermata una certezza sul primo lavoro e una insperata sorpresa sul secondo.

I Babilonia Teatri li seguo da anni, amo il loro modus operandi, il loro stare e vivere la scena, il loro linguaggio decostruito; quando assisto a un loro spettacolo un po mi sembra di tornare a casa, alle radici, li dove tutto si è compiuto quando stavo muovendo i primi passi in questo ambiente -del teatro - tutt'altro facile. Di loro ho sempre un ricordo poetico, mi hanno anche aiutato nei momenti più buii, quando andare a vedere un loro lavoro ha equivalso a esorcizzare il mio passato in un momento di profonda delusione.
Cosi Padre Nostro si fa sentire potente, un lavoro stratificato, crudo, realista e allo stesso tempo ironico.

Sul palco Valeria e Enrico hanno lasciato spazio a Maurizio, Olga e Zeno Bercini, attori e famiglia sul palco e nella realtà.
Un rapporto di amore/odio quello rappresentato, un padre che si ammira da piccini, che si detesta da adolescenti, che ci fa arrabbiare da vecchi, un rapporto complesso, mai ben definito e volubile, sembra di assistere ad una resa dei conti, in cui non c'è fine, ne vinti ne vincitori. 
Spesso il ruolo del padre è poco rappresentato rispetto a quello della madre. Tutti però ne hanno una precisa opinione su come dovrebbe essere, sulla sua importanza, sulle leggi e su come questa figura si sia evoluta, o involuta, sulle conseguenze del cambiamento. La ricerca della compagnia gioca sulle parole, per aprire molteplici riflessioni: dal significato familiare, a quello religioso, dai ruoli di genere (padre o genitore 1/2/3?) alla “festa del papà”, dal pater familias al rifiuto del padre.
Cosa ci rimane se non il sapore amaro, sui numerosi tentativi di disfacimento del ruolo del padre e poi sul suo inevitabile riconoscimento quale padre, unico cosi com'è, anche seppur della peggir specie?

"Tutti ci spiegano come dovrebbe essere.
L'importanza del padre.
L'evaporazione del padre.
La legge del padre.
Come si è evoluto/involuto.
Quali saranno le conseguenze del cambiamento.
Cosa è successo, cosa succederà.
Cosa resta del padre.
Il segreto del figlio.
Genitore 1. Genitore 2. Genitore 3.
Autoritario o autorevole. Vicino o lontano.
Che relazione c'è tra funzione del padre e identità di genere.
Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo.
La fine del padre, l'eclissi del padre, la scomparsa del padre, la distruzione del padre, la morte del padre.
La festa del papà.
Il fu pater familias.
Padre in affitto. Padre baluardo. Apologia del padre.
Padre nostro non è una preghiera rivolta a dio.
Padre nostro qui sta per nostro padre.
La P è minuscola.
L'aggettivo precede il sostantivo.
Padre nostro è un padre coi suoi due figli.
E' ciò che li unisce e ciò che li allontana.
E' una resa dei conti che non ammette fine.
Ci chiediamo quale sia la distanza tra il padre ideale e quello reale.
Quale eredità oggi il padre possa trasmettere, indipendentemente dal fatto che sia un padre di sangue o meno."

Lo spettacolo di Fabiana Iacozzilli/Cranpi con LACLASSE porta in scena ricordi dell'infazia attraverso un docupuppets per burattini e uomini che incanta e conquistata sin dalla prima scena. 
 Photo © Piero Tauro

Un modo artiginale e allo stesso tempo condito da "effetistica sonora" efficace ci porta in un nuovo modo di utilizzare la scena e le marionette. In questa interazione costante tra umani e burattini guidati nello scenario biografico della regista, si fa fatica a fare distinzione, le marionette prendono vita e movenze naturali, espressività illusorie che ci permettono di addentrarci sempre più intensamente nella storia di soprusi e tirannie che ci viene raccontata. In scena i ricordi della regista negli anni delle elementari, dove lei e una trentina di compagni di classe venivano sottoposti a crudeli comportamenti da parte della temuta insegnante Suor Lidia. Il lavoro è spunto di riflessioni profonde, sul significato dei ricordi e sull'importanza del dolore come motore veicolante esistenziale.

Photo © Piero Tauro

Quanto rimane traccia dell’esperienza dolorosa nel nostro essere? 
Quanto quella esperienza, i ricordi che custodiamo di essa, ci portano a divnetare le persone che siamo oggi? 
In che modo il ricordo di quelle situazioni ha contribuito a renderci cosi, nel nostro periodo presente?
Un toccante, inquietante e divertente, immersione in questo mondo di burattini, che sembrano prendere vita, il cui sguardo sembra modificarsi, in cui le paure dell’infanzia vengono a galla - si fanno vive, tangibili -le possiamo toccare e in un attimo...ritorniamo bambini.

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