A spasso nelle vite degli altri | Pina Baush - Una santa sui pattini a rotelle

Un altra affascinante vita in cui mi sono "tuffata" dentro senza pensarci troppo è quella di Pina Baush, che nel libro Una santa sui pattini a rotelle -  a cura di Leonetta Bentivoglio edito Clichy - viene raccontata attraverso la visione e la concezione del movimento e del racconto corporale nelle sue creazioni: drammaturgia, poesia, musica, l'amore per le persone. Un libricino piccolo ma intenso, si legge in un lungo pomeriggio senza tanti pensieri, scorrendo con curiosità sulla vita di questa incredibile e minuta donna che ha fatto della danza un linguaggio del tutto innovativo.

Philippine Bausch, detta Pina (Solingen, 27 luglio 1940 – Wuppertal, 30 giugno 2009), è stata una coreografa e ballerina tedesca. Fonda nel 1973 il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, uno spazio di teatro-danza dove prendono vita tutte le sue invenzioni artistiche creando la sua particolarissima compagnia di danza contemporanea. Tra le sue opere più famose Café Müller.

Si può dire, infatti, che c è stata una danza prima e dopo Pina Baush, il suo stile, il suo metodo ha influenzato il modo di raccontare attraverso il corpo, staccandosi dal concetto di danza classica e delle seduzioni dell'apparenza, restituendo al corpo una inedita loquacità dell'esistenziale, indagando gli aspetti più profondi e oscuri dell'essere.

Pina Bausch in una scena di Cafè Muller

"Nei miei pezzi ho sempre puntato alla semplicità formale, esprimendo l'essenza. Ho sempre cercato di evitare l'effetto. Si tende a commettere un errore, quello di identificare la tecnica con la danza, si pensa che la tecnica equivalga alla danza e quando non si vede la tecnica si pensa che non ci sia nemmeno la danza"

É curioso scoprire come nascevano le sue coreografie; come una "saccheggiatrice" Pina Baush usciva all'esterno, nel mondo, osservava accuratamente la gente, senza giudizio, amava calarsi nelle varie realtà indagando con lo sguardo tutto quello che la circondava, assorbendo come una spugna gestualità, movenze, suoni, atmosfere.

Cosi per i suoi spettacoli, oltre a portare il mondo che osservava sul palcoscenico, componeva le sequenze grazie ai danzatori che stimolava attraverso domande, centinaia di interrogativi, su cui dovevano riflettere e poi rispondere attraverso un piccolo passo di danza o con una scena collettiva o raccontando qualcosa o compiendo una azione. I pezzi inizialmente erano tutti separati e centinaia, poi si sviluppavano, intrecciandosi, molte cose venivano scartate, scremate, tutto si componeva come un puzzle. Una azione nata da un singolo poteva diventare di gruppo e una scena pensata da un gruppo poteva diventare un frammento per una sola persona. Tutto poi lentamente confluiva dando vita allo spettacolo.

È la cerimonia dei gesti ciò che maggiormente colpisce dei suoi lavori, movenze comuni, ritualità che raccontano e accompagnano questa scrittura di corpi, mostrando l'essenza, raccontando dell'umanità e dell'amore, perché in fondo tutte le storie non sono altro che storie d'amore, narrano la necessità di essere amati.

"Gli dei delle tragedie greche sono immortali. Eppure soffrono, amano, sono gelosi. Come noi. L'immortalità è continua: umori, sensazioni e passioni si ripetono. La sostanza degli esseri umani non cambia. Gli dei siamo noi."

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